Emily Orlando
Cinque personaggi di diverse età, cinque storie. Cinque persone, che non si conoscono, legate da un filo invisibile.
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Cinque personaggi di diverse età, cinque storie. Cinque persone, che non si conoscono, legate da un filo invisibile. Forse siamo tutti connessi, forse c’è una misteriosa energia che determina le nostre scelte, che fa accadere le cose, che ci spinge verso una direzione sconosciuta. Esiste il destino? O siamo semplicemente in balìa della nostra volontà? Un romanzo intenso, magico e sorprendente che aiuta a cercare il senso profondo della vita.
Il destino è dappertutto.
È nella canzone che canti sotto la doccia e rimbomba tra le pareti, è nell’emozione che divampa all’improvviso senza un perché.
È nel brivido che ti percorre la schiena quando ti senti felice, è nell’abbraccio che aspetti da sempre e nel sogno che ti ripeti ogni sera prima di andare a dormire.
È nel silenzio delle cose non dette, è nel mondo quando si spegne e diventa poesia.
È nelle note di quella canzone che ti fa esplodere dentro, nel desiderio che si fa spazio e non può essere frenato.
È nella follia, nelle cose che fai senza una apparente ragione, nella strada che ti trovi a percorrere per puro caso ma che scopri, attraverso un piccolo segno, sia la strada giusta.
È tra le coincidenze che ti hanno colta di sorpresa, nella magia dei colori del tramonto che ti trovi a guardare, ancora una volta, anche stasera.
È in quella rabbia che ti assale all’improvviso in quella risata che ti scoppia e di cui ti vergogni tanto, è nella sensazione di essere qui, ora, in questo preciso istante. È in quelle cose inaspettate che ti fanno cambiare idea su tutto, che mettono in dubbio tutto e fanno uscire tutto quello che non credevi di avere.
Sì, davvero. Il destino è dappertutto.
* * *
Sai, è strana la vita. Quando credi che tutto si sia fermato, che tutto sia statico e non ci siano più stimoli, ecco che capita qualcosa che ti fa risvegliare, che ti mette alla prova facendoti alzare la testa di nuovo.
È difficile spiegarti chi sono, non amo descrivermi, ma lo capirai leggendo queste pagine e vivendo con me la mia storia.
Ti sto scrivendo mentre guardo dalla finestra cinque persone che non si conoscono affatto; passano semplicemente alla stessa ora da questa via e nessuno ne è consapevole. Tutti sono immersi nella propria vita senza vivere davvero.
C’è Thomas che io definisco “il ventenne perso”. Tiene in mano sempre il suo cellulare e sposta gli occhi solo ogni tanto per non andare addosso a qualche muretto.
Si sente potente, ha moltissime ragazze che gli scrivono e gli inviano fotografie interessanti.
Mastica una gomma alla menta che cambia ogni ora: ha la fobia dell’alito cattivo ma non parlando e stando sempre al telefono nessuno se ne accorgerebbe mai.
Frequenta la Facoltà di Giurisprudenza, scelta e consigliata dal padre, nonostante Thomas non abbia alcun interesse «Tanto me la pagano i miei e almeno non devo lavorare» risponde, quando qualcuno gli chiede il perché della sua scelta.
«Devi avere ben chiari i tuoi obiettivi» ripete il padre a tavola ogni sera, nell’unico momento in cui vige la regola di non usare il telefono.
Thomas sente di non avere alcun obiettivo particolare, per lui la vita non è altro che un mucchio di messaggi che si susseguono uno dopo l’altro e di pause in palestra che rendono il suo fisico degno di foto interessanti da postare sui social, accompagnate da frasi motivazionali trovate a casaccio sul web.
Potrebbe continuare la sua vita in questo modo, magari trovando prima o poi un lavoro (grazie al padre e ai suoi agganci giusti) e andando a vivere nella mansarda che i suoi affittano periodicamente a studenti universitari. Potrebbe trovarsi una bella ragazza da vedere ogni tanto o che magari andrebbe a vivere con lui: avrebbe l’imbarazzo della scelta. Eppure quel pensiero non lo rende felice.
Sto valutando come attirare la sua attenzione, come stravolgergli la vita e fargli vedere che mondo esiste fuori da quello schermo. Ma non è ancora il momento.
Ecco che passa Eleonora, bella donna che effettivamente si fa notare. Avrà una quarantina d’anni e, pur essendo molto semplice e bassina, si fa notare e attira gli sguardi su di sé ogni volta che passa. Ha i capelli mossi fino alle spalle, truccata leggermente sugli occhi e con un colore di rossetto di verso ogni giorno. È più chiaro nei giorni in cui ha l’umore più alto e più scuro nei giorni in cui dorme poco per colpa della sua periodica insonnia.
Quando cammina pensa alle infinite cose da fare e le sembra di essere anestetizzata, di non provare più nulla: nessun particolare entusiasmo, nessuna particolare eccitazione.
Sente di essere arrivata e ogni volta che esce di casa è quasi felice.
Le piace l’idea di prepararsi, scegliere l’abbigliamento giusto, spazzolarsi i capelli e allacciarsi le scarpe. Ama incrociare lo sguardo di qualcun altro e fargli perdere la testa per un po’ anche se non ha mai tradito il marito e probabilmente non ne sarebbe capace.
Non è convinta che lui faccia lo stesso. Qualche volta ha dei sospetti ma non vuole approfondire per due ragioni: non vuole stravolgere i propri equilibri e, se deve essere sincera, non ne sarebbe infastidita affatto. Se suo marito avesse un’altra donna si sentirebbe quasi rassicurata, perché le cose potrebbero cambiare ma non per colpa sua.
I capelli luminosi e rossicci le cadono spesso sul viso e quando esce li tiene indietro grazie a degli occhiali molto grandi che le fanno da cerchiello. Hanno le lenti molto scure per cui difficilmente li indossa: ha come l’impressione che con quei filtri il mondo perda il suo colore e le porti solo una gran malinconia.
Arrivata a questo punto della strada, davanti alla mia finestra, si china per appoggiare a terra le due borse della spesa molto pesanti e si maledice per aver preso tutte quelle cose quando era uscita solo per prendere il pane e il prosciutto fresco.
Quando si ferma alza gli occhi al cielo e aspetta. Aspetta qualcosa, un miracolo, un incontro, un segnale che le faccia trovare una via di fuga dalla solita routine lavoro-casa-figli-compiti-cena-pulizie-ferro da stiro e di nuovo da capo, partendo dal preparare la colazione.
Sulla panchina ogni giorno c’è un uomo che fissa Eleonora, o almeno, da qui sembra che stia fissando lei. Si chiama Enrico, brizzolato e affascinante sulla cinquantina. Ogni giorno esce alla solita ora per acquistare il giornale che puntualmente non legge ma è la sua scusa per cercare ispirazione per il romanzo che sta scrivendo. È bloccato a metà e non sa più come ripartire, come del resto è immobile la sua vita da quando la sua ultima donna lo ha scaricato dicendo di meritare di più. C’era di mezzo un altro uomo? Sicuramente sì, ma lei non ha avuto tutti i torti a lasciarlo. Lui viveva in un mondo tutto suo e spesso si rendeva conto di non essere abbastanza presente e di non riservare le meritate attenzioni alla sua donna.
Viveva nelle pagine che scriveva perché sembravano più elettrizzanti della realtà. Quando tornava con la testa alla sua vita si chiedeva “È tutto qui?!” e riprendeva a scrivere per fuggire nel proprio mondo immaginario dove esisteva tutto quello che aveva sempre desiderato.
Lo psicologo che frequentava nell’ultimo periodo gli aveva consigliato di uscire almeno una volta al giorno per trovare la sua vita vera e, perché no, magari una nuova ispirazione.
Aveva deciso di assecondarlo perché sperava accadesse una cosa da troppo tempo ed era ben consapevole che non poteva capitargli se stava barricato in casa.
È troppo presto per dirti cosa stesse aspettando, ma di certo te lo svelerò presto.
Sara sta passando in tuta da ginnastica con le cuffiette per buttare giù il gigantesco didietro che le sembra lievitato ultimamente.
Non è vero, è così da sempre e non è neppure eccessivo, ma tutte le ragazze a quell’età fanno fatica ad accettare il proprio corpo.
I capelli biondi raccolti nella coda alta ondeggiano a destra e a sinistra e le cuffiette le fanno ascoltare una musica che esprime una gran rabbia.
È arrabbiata con il mondo intero, in particolare con sua madre che sta rendendo la sua vita un inferno.
Può una madre essere invidiosa e cattiva? si chiede, mentre aumenta la velocità in preda alle mille immagini che le si creano nella testa.
Ce l’ha con la vita che non le ha mai fatto incontrare suo padre, ce l’ha con sua madre che continua a sminuirla e a dirle che non è capace di fare niente, ce l’ha con sé stessa perché non sa reagire come vorrebbe, tiene tutto dentro e butta giù. Nel frattempo mangia e ingrassa. Mangia per reprimere tutte le emozioni che le affiorano una dopo l’altra, mangia perché vuole fare un torto alla madre che la vorrebbe bella e perfetta; mangia per non assomigliarle.
È irritata dal fatto che spesso la scambino per lei, una donna che non vuole invecchiare e porta i capelli come la figlia, si veste come la figlia e si atteggia come la figlia.
Ha condizionato tutte le scelte di Sara, ha fatto pressione sugli studi, sul farle troncare la sua ultima relazione perché Adam non era abbastanza.
Ha invaso così tanto la mente della figlia soggiogandola che Sara non riconosce più quali siano i propri desideri; credeva di voler viaggiare ma “viaggiare è pericoloso e da hippy” e non ha mai avuto il coraggio di tirare fuori la sua ira, la sua determinazione.
E poi c’è suo padre, o meglio, non c’è. Se n’è andato quando lei era molto piccola, non ha alcun ricordo di lui e a casa sono sparite tutte le fotografie. La madre sostiene di averlo fatto per il suo bene perché il padre è stato uno stronzo e le ha lasciate senza alcun preavviso.
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Emily Orlando è nata a Trento nel 1989, città dove vive, lavora e si è laureata, in Filosofia. Ha sempre nutrito grande passione per il teatro, per la scrittura e per i piccoli piaceri di ogni giorno. Ama la vita immensamente. Dopo il successo ottenuto con il suo primo libro, “La vita è una semplice piuma”, emozionando lettori di tutte le età, ha scritto "Qualcosa in cui sperare" e, continuando a far vivere il suo sogno, "Tutto quello che ho".